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L'ANNO 2023
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2023: DA ROSSINI A RAMIREZ Cronache del 99° anno di vita |
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INDICE | ||||
La Petite messe solennelle ⇒ | La Nona di Beethoven ⇒ | La Misa Criola ⇒ | ||
8 dicembre: Mendrisio ⇒ | 9 dicembre: Tesserete ⇒ | 10 dicembre: Como ⇒ | ||
La Messa di Natale ⇒ | ||||
Ed eccoci a pochi passi dal traguardo: siamo a novantanove, in vista dei cento!
Per prepararci alla ricorrenza ci dedichiamo a due progetti con altri cori che ci portano in giro per il Cantone, con una puntatina oltrefrontiera. |
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LA PETITE MESSE SOLENNELLE DI GIOACHINO ROSSINI
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Mendrisio, chiesa San Giovanni, domenica 23 luglio 2023 Questa volta sembrava proprio non ce l’avremmo fatta a proporre un concerto dignitoso, e invece siamo caduti ancora una volta in piedi. Merito soprattutto degli straordinari professionisti che ci hanno accompagnato in questa avventura. Ma andiamo con ordine. Dopo le affascinanti esecuzioni del Requiem di Mozart e dell’Oratorio di Natale di Saint-Saëns, che hanno contraddistinto la prima parte e la seconda parte del 2022, il 2023 inizia con una nuova intrigante sfida: si tratta di preparare la Petite messe solennelle di Rossini, brano da eseguire con 4 solisti, lungo quasi un’ora e mezza e con ben nove interventi del coro, tra i quali un paio di fughe di un’estrema difficoltà, almeno per chi come me non ha una formazione musicale e canta perlopiù “a orecchio”. Ci sono voluti diversi mesi di preparazione, in un primo momento sembrava che il coro sarebbe stato ben sostanzioso, poi ci siamo ritrovati a provare solo noi del Coro Santo Stefano e i colleghi del Coro operistico di Mendrisio. Inizialmente ognuno per proprio conto, poi con delle prove d’assieme svolte nei mesi di giugno e luglio a Mendrisio, nelle calde aule della Scuola media. Nella prima parte delle serate Massimiliano Di Fino, una nostra vecchia conoscenza nonché direttore del Coro di Mendrisio preparava le voci femminili, mentre che il nostro maestro Paolo si occupava di quelle maschili. Abbiamo così toccato con mano (pardòn, con voce), la notevole difficoltà dei brani, che richiedono una grande applicazione per la velocità d’esecuzione, il susseguirsi di tante note diverse e gli attacchi in mezzo alle battute. Difficoltà che hanno messo in crisi soprattutto i tenori e abbiamo così potuto vedere per una volta il buon Paolo preoccupato, perplesso, agitato (e forse mascherava la sua ansia sparando battute a raffica) e perfino arrabbiato. Beh, nonostante le molte prove anche supplementari davvero ci sentivamo impreparati (siamo pronti al 33%, diceva il maestro) e all’ultima prova del lunedì precedente al concerto l’ottimismo non era di certo alle stelle. La domenica del concerto è arrivata troppo presto ma oramai bisognava fare di necessità virtù ed ecco che alle 14:30 siamo già tutti nella chiesa di san Giovanni a Mendrisio dove conosciamo chi, assieme a noi, si cimenterà in questa sfida: la soprano Marina Kolyva, la contralto Anna Geremia, il tenore cinese Yuchen Pan e il basso colombiano Andres F. Losada. Per la parte strumentale Alessandro Trebeschi al pianoforte e Massimiliano Di Fino all’organo. Alla direzione il nostro maestro Paolo. Devo dire che la chiesa di Mendrisio, con i suoi pregevoli stucchi e affreschi e l’atmosfera calda e accogliente mi ha subito confortato. Lo stesso dicasi per la qualità degli interpreti che, nonostante fossero solo delle prove, hanno subito riempito l’ambiente con suoni armoniosi e convinti. Noi abbiamo cercato di alzare al massimo l’impegno e la concentrazione per non sfigurare e per fortuna che i tenori erano sostenuti anche loro da Andrea, un professionista andato a rafforzare le file e a dar loro una certa sicurezza. Pian pianino la chiesa si è riempita nei posti a sedere, abbiamo avuto anche la bella sorpresa di salutare tra il pubblico il nostro don Gianfranco e alle 17:30 il concerto è cominciato. Personalmente sono riuscito in un clamoroso exploit: sbagliare già il secondo attacco, dato che sono partito troppo presto, portandomi dietro il povero Giancarlo che male ha fatto a fidarsi. Mi sono sentito mortificato e scoraggiato ma ho comunque cercato di dimenticare subito l’errore e di prendere coraggio, perché per arrivare in cima alla montagna (il concerto durava ancora 1 ora e 30), bisognava trovare ancora molta concentrazione. Per fortuna i professionisti hanno fatto la loro parte e hanno fatto dimenticare qualche imprecisione del coro. Devo dire che la disposizione nel presbiterio ha molto aiutato a sentirsi avvolti dalla musica e parte integrante del concerto. Noi coristi ci siamo trovati a fianco dell’altare: bassi e contralti da una parte con in faccia tenori e soprani, e questo ha fatto sì che potessimo regolarci bene con gli attacchi. In mezzo ai corsiti, eravamo una quarantina, c’era il piano. I solisti erano alla nostra destra sui gradini dell’altare e il direttore alla sinistra, ben visibile. Dall’alto vegliava su tutto l’organista Massimiliano. Il tutto raccolto in pochi metri quadrati, tanto che, quando non toccava a noi cantare, ci siamo goduti alla grande le potenti voci dei solisti, lo straordinario e trascinante pianista, gli incitamenti e i gesti convinti del Paolo per dare la carica ai solisti e il Max che, un braccio sulla balaustra e uno sulla tastiera dell’organo, aspettava il suo momento per partire. Senza disquisire sulla qualità della musica, perché non ne sono capace, mi piace qui evidenziare due straordinarie performances che abbiamo potuto ammirare da vicino. Una è quella del pianista Alessandro Trebeschi, che abbiamo potuto vedere a pochissima distanza sia nelle espressioni sia nel modo di interpretare la musica sia per come accarezzava la tastiera o ci picchiava sopra, spesso alzandosi dallo sgabello per darsi la spinta. Era completamente immerso nella musica, frenetico nel modo di girare le pagine, incredibile nel linguaggio del corpo che accompagnava il suo suonare. L’altra è quella del Paolo che cantava assieme ai solisti, suggeriva le espressioni, richiedeva forza o dolcezza nell’espressione del canto. Gli ho chiesto come mai avesse scelto di esprimere tale foga e mi ha risposto che la Petite messe solennelle richiede colore, che non la si può interpretare in modo piatto. E di colori, durante i lunghissimi 90 minuti dell’esecuzione, ne abbiamo visti che sembrava di cavalcare l’arcobaleno. Personalmente alla fine mi sono sentito svuotato anche per la tensione richiesta dall’esecuzione che nel mio caso è durata una ventina di minuti. Mi chiedo come abbiano fatto a mantenere la concentrazione chi è stato costantemente impegnato su tutto l’arco del concerto. Per terminare riprendo le parole dell’articolo dell’Informatore, il settimanale del Mendrisiotto che ha commentato la serata e che a mio giudizio ha saputo riportare esattamente le nostre sensazioni. «Nella cornice di San Giovanni, un capolavoro del tardo barocco decorato in maniera raffinata, i suoni e le voci della Petite Messe hanno generato, per il piacere e la gioia dei presenti, un flusso di emozioni, l’incontro tra effimero e permanente in un’unità profonda e spirituale, solennelle appunto. Coristi, solisti e maestri, dopo una preparazione densa e complessa, si sono presentati al pubblico consci della grande difficoltà insita nella composizione e, nello stesso tempo, della sublime esperienza che l’esecuzione poteva infondere.» Maurizio |
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LA NONA DI BEETHOVEN
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Lugano, auditorio del LAC (Lugano Arte e Cultura), 10 ottobre 2023 Tutto è iniziato con un messaggio whatsapp da parte di una corista del Coro Benedetto Marcello fine luglio: l’orchestra di giovani professionisti Le Nove sta cercando coristi da affiancare al Coro Vivace di Losanna e al Coro da Camera di Varese per cantare l’Inno della Gioia che fa parte del quarto e ultimo movimento della nona sinfonia di Beethoven per il 10 di ottobre al LAC. Trasmetto subito l’informazione ai coristi del nostro coro e con grande entusiasmo almeno 6 coristi si iscrivono subito. Alla fine saremo in cinque: Verena, Karin, Franca, Graziella e Claudio. Ida e Ruth purtroppo non saranno accettate: Ida non poteva partecipare alle ultime prove di ottobre, quelle più importanti mentre Ruth, non si sa ancora con quale criterio, gli organizzatori della Nona le hanno proposto di cantare la voce di soprano perché c’erano iscritti già troppi contralti. E per chi conosce la voce di soprano della nona ė veramente molto alta anche per le soprano stesse. Le prime prove le facciamo nel locale sotto la chiesa di San Nicolao a Besso: ė il maestro Gabriele Conti del Coro da Camera di Varese che ci dirige con l’aiuto di un pianista studente del conservatorio. Incontro alcuni amici coristi del Coro Benedetto Marcello, di Mariella e Luigi, colleghi nel nostro coro qualche anno fa e Betty, amica di lunga data dagli anni in televisione a Comano e di studi di pedagogia a Ginevra, ora presidente del Coro Cantemus. Mi sento subito in famiglia. Le prove seguenti le facciamo in una sala del conservatorio e con Karin ci siamo pure avventurate nella periferia varesina in una sala sperduta in mezzo alla campagna con il Coro da Camera di Varese. Il canto ci fa perdere la prudenza e ci sprona all’avventura anche di notte con il solo ausilio di un vecchio navigatore che ci indica sì, delle strade secondarie più corte, ma passando da boschi e valli con poche indicazioni. Siamo comunque arrivate in tempo alla prova. Da domenica 8 ottobre le prove si intensificano, ora ci sono pure i coristi del Coro Vivace di Losanna. Finalmente arriva il martedì 10 con le prove con l’orchestra Le Nove e il maestro venezuelano Yuram Ruiz direttamente nella sala del LAC, gli andirivieni tra la sala prove e i camerini, troppo piccoli per così tanti coristi, e le prove d’intonazione e di rilassamento con la direttrice del Coro Vivace di Losanna, Johanna Hernandez. Ci sono anche i solisti Teresa Kotlanova, soprano, Emma Urriani, contralto, Xhoiden Dervishi, tenore, Benjamin Harasko, basso. Non sempre riesco a capire se il maestro Ruiz da gli attacchi per noi del coro o per l’orchestra ma mi sforzo di seguire il tempo dell’orchestra. Arriva il grande momento, siamo già sul palco ed ascoltiamo seduti i primi tre movimenti della sinfonia numero 9 di Beethoven. Ora il maestro Ruiz ci fa segno di alzarci e l’orchestra intona il quarto movimento con l’Inno alla gioia. Ecco il baritono che attacca con “Freude” e rispondono subito i bassi anch‘essi con “Freude” e poi partiamo anche noi contralti con tenori e bassi “Deine Zauber binden wieder …”. Il resto non mi ricordo più in dettaglio, ho solamente la sensazione che si ė svolto tutto come abbiamo imparato. Al momento in cui cantavamo “alle Menschen werden Brüder” ho pensato al terribile momento dell‘attacco di Hamas in Israele e la conseguente spirale di violenza in Palestina di quei giorni di ottobre mentre noi cantavamo, o forse, pregavamo che siamo tutti fratelli… Graziella |
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LA MISA CRIOLA
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Ed eccoci pronti per una nuova sfida: la riunione dei tre cori che in fondo sono quattro diretti dal maestro Paolo dopo il suo passaggio a beneficio della pensione. Dev’essere che il lavoro alla Scala gli mancava un po’ e così ha deciso di non perdere il ritmo e invece che un solo coro (il nostro dove ormai ha una presenza ventennale) ne ha aggiunti altri due, quelli diretti in precedenza dal maestro Moretti e cioè il coro Benedetto Marcello di Mendrisio e il coro Città di Como. A noi poi si è aggiunto il Piccolo Coro Santa Teresa di Viganello (piccolo per modo di dire perché l’effettivo è simile al nostro) e così abbiamo fatto poker alla faccia del Covid che ci ha decimati ma ci ha anche aggregati. Quattro cori per quattro concerti che avranno luogo nelle quattro località sedi dei rispettivi cori. |
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8 DICEMBRE: MENDRISIO
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Già conosciamo questa chiesa dagli spazi giusti: una navata raccolta, il presbiterio dove hanno collocato i gradoni per il coro (si fatica un po’ ad aprire lo spartito, ma non si può avere tutto dalla vita), ampi locali tutt’attorno al presbitero dove ci si può rilassare prima del concerto e dove l’unico spazio angusto è quello del gabinetto. Ma anche mettendosi in fila e dicendo qualche stupidata ci si impara a conoscere. Già, perché è anche questa l’opportunità offertaci da questa nuova serie di concerti: la collaborazione tra cori. Il primo passo l’abbiamo fatto con quelli di Viganello che sono stati ospiti per un paio di mesi della nostra sala prove e con i quali abbiamo ormai fraternizzato. Sono loro i più emozionati: questo genere di concerti è una prima e li vediamo tutti belli tonici anche se un po’ preoccupati. Noi invece siamo più rilassati anche perché è oramai la quinta annata delle Misa Criolla. La prima fu nel 2011 e ci vide impegnati con concerti a Chiasso e a Tesserete. Nel 2012 e nel 2016 cantammo solo a Tesserete per il nostro concerto di Natale. Nel 2019 ci accompagnammo all’orchestra mandolinistica di Lugano con concerti a Verscio, Lugano e Tesserete. Con queste esperienze alle spalle diventa facile lasciarsi trasportare dalla musica e cercare di interpretare la stessa come se fosse preghiera: la supplica del Kyrie, la dirompente gioia del Gloria, il poderoso Credo, il possente Sanctus, il delicato e poi trionfante benedictus, l’Agnus Dei che invoca la pace. Il gruppo strumentale andino Ainy, dentro al quale riconosciamo facce già conosciute, porta un gran ritmo e nei tre brani strumentali eseguiti dopo la Misa, riesce a farsi accompagnare dal pubblico col battimani. Affascinante è la sonorità dei flauti che sibilano portando l’eco del venti degli altipiani. E a proposito di eco e di altipiani, ho provato una sensazione intensa e speciale nel sentire il suono di noi bassi durante il Gloria, quando abbiamo accompagnato con una nota lunga e profonda il tenore che cantava “Tu que quitas los pecados del mundo”. Non sono mai stato sugli altopiani andini, li ho visti solo in fotografia, ma mi sembrava proprio di essere lì, a ondeggiare nel vento, mentre in lontananza un gruppo di alpaca si muoveva alla ricerca del pascolo. Vediamo tra il pubblico facce sorridenti, gente che si muove e si fa trascinare dalla musica. Il clou è certamente dato dal finale, con Los Reyes Magos che irrompono sulla scena accompagnati dal loro seguito di cammelli e servitori. Oramai questo brano lo cantiamo a memoria. Abbandoniamo il consueto aplomb, posiamo a terra le partiture e danziamo sul palco, stimolati dal maestro Paolo che saltella sulla scena come un grillo e lancia gli attacchi a destra e a manca, quasi fosse uno spadaccino che si muove sulla pedana. Grande è il gradimento del pubblico, che mi sembra essere inizialmente restato anche un po’ sorpreso da questa musica alla quale finora il Coro Benedetto Marcello credo non li avesse abituati. Di seguito potete leggere alcuni passaggi di un articolo apparso sulla stampa locale. «È stato un vero tripudio di applausi e di intensa partecipazione emotiva quello che il pubblico delle grandi occasioni ha manifestato, senza venir meno ad un appuntamento consolidatosi nel tempo, quale tradizione del Natale mendrisiense con il Coro Polifonico Benedetto Marcello. Il concerto verrà a lungo ricordato per il forte impatto emotivo, divenuto a tratti elettrizzante […] La novità maggiore è stata offerta dalla presenza del gruppo strumentale andino Ayni, presentatosi al pubblico con i costumi tipici delle popolazioni andine e accolto, dapprima con qualche espressione di meraviglia, che ha lasciato subito spazio ad una serie di applausi senza precedenti. […] Il Coro si è presentato sicuro ed ha affrontato lo studio dei brani proposti con impegno e capacità interpretative notevoli, non senza mostrare qualche difficoltà in alcuni passaggi davvero non semplici, soprattutto per le voci femminili. Coadiuvato dal gesto deciso del maestro Paolo Sala, impegnato nel doppio ruolo di direttore e concertatore, il Coro ha così potuto presentare con una certa sicurezza due bellissime composizioni, unitamente al gruppo strumentale andino e al tenore solista Alejandro Escobar, fortemente apprezzato dal pubblico per le sonorità mature della voce, forte, decisa, di carattere, ma soprattutto ben chiara specialmente nelle tessiture acute e nel fraseggio interpretativo. Il pubblico presente, che ha gremito letteralmente la chiesa dei Cappuccini con molti ascoltatori rimasti in piedi e mai come questa volta attento alla novità musicale di questo Natale 2023, quasi senza attendere la conclusione del concerto ha partecipato con una salve di applausi scroscianti, spesso “a scena aperta”, giusta attribuzione all’impegno che ha permesso di realizzare un concerto suggestivo ed a tratti anche commovente, che il coro ha preparato e presentato con particolare trasporto.» |
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9 DICEMBRE: TESSERETE
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È la nostra chiesa, il nostro pubblico, la nostra serata. Siamo oramai collaudati e tutto si svolge secondo lo schema consueto, dalla preparazione del presbiterio con la posa dei praticabili (esercizio nel quale ci accorgiamo mestamente che non siamo più giovanissimi…), all’allestimento del sempre fornitissimo e apprezzato rinfresco, alla preparazione dell’impianto musicale dove il Frenzi ci mette sempre molto del suo. Le prove vanno un po’ lunghe e quando le finiamo diversi spettatori sono già dentro alla chiesa. Alle 20:15 c’è già il pienone, anche perché la gente ha ormai preso l’abitudine di venire presto, così da poter trovare un posto a sedere. Con la solita puntualità svizzera, che impressiona gli italici ospiti, Fiorenzo inizia la serata ricordando che è il primo appuntamento del centenario del coro. La chiesa ci rimanda il suono, ci sentiamo più spinti a mandare avanti le nostre voci, a dare potenza, ma anche dolcezza, al canto. Rispetto a Mendrisio noi bassi sentiamo invece meno le altre voci. Ma ci pensa Paolo a darci i tempi degli attacchi con gesti ampi, anzi ampissimi, come forse lui non vorrebbe fare. Ma questa è musica che chiede ritmo e gioia ed è così diversa da un Requiem di Mozart o un Gloria di Vivaldi. Il tenore Alejandro Escobar mi sembra abbia preso le misure del coro e del gruppo strumentale e lo sento, anche nel linguaggio del corpo, più coinvolto: dà quasi l’impressione di voler dialogare col pubblico. Il gruppo andino è compatto, deciso, trascina la gente invitando partecipare col battimani, così da dare intensità al ritmo che a volte accelera e si fa impetuoso, quasi una valanga di suoni che invade la chiesa. Il finale è travolgente: ancora una volta la sfilata dei Re Magi irrompe in chiesa. Paolo accelera il ritmo della cavalcata, ci sentiamo parte della festa e presi da un’irrefrenabile gioia accompagniamo a piene voci i loro passi. Il pubblico è in tripudio: dal fondo cominciano ad alzarsi e dopo un po’ tutta la chiesa è in piedi a battere le mani e a manifestare la propria gioia. Davvero dei momenti incredibili. Poi i due canti di Natale riportano una dimensione più raccolta che ci permette anche di catturare l’attenzione del pubblico per un momento dove dire grazie. Vogliamo infatti sottolineare con la giusta rilevanza un altro anniversario: sono 20 che Paolo è direttore e 20 che Fiorenzo è presidente. Il grazie davvero riconoscente è per la strada che ci hanno permesso di vivere e per i tanti aspetti della musica che abbiamo scoperto con loro. E a ricordo della serata latino-americana, i nostri ricevono un omaggio un po’ speciale: un sacchetto di mate argentino e dei guanti di lana d’alpaca. WhatsApp è ormai diventato il luogo al quale affidare sensazioni e pensieri, che però durano lo spazio di un mattino e vengono presto cancellati. E allora mi piace riprendere, così da consegnarle a futura memoria, le impressioni scritte sul suddetto social il giorno seguente al concerto di Tesserete. Carissimi amici coristi, caro Paolo, il concerto di ieri sera è stata una carezza per l’anima. Profondo, gioioso, sentito. Siete stati fantastici! Ad ogni attacco avevo un po’ di magone perché avrei voluto cantare con voi, ma poi mi sono goduta ogni singola nota della vostra esibizione. Una volta ogni tanto è bello anche trovarsi “dall’altra parte”! Si capisce perfettamente perché Paolo insiste tanto in quel particolare attacco, in quella nota, in quel passaggio. Perché poi il risultato d’assieme è stupefacente. Grazie a voi tutti per averci emozionato. Grazie Paolo per la tua immensa pazienza e per il bel lavoro che fai. Clarissa Carissimi tutti, il Piccolo Coro Santa Teresa ringrazia di cuore per averci accolti in simpatia e amicizia. Questo periodo con voi ci ha dato tanta gioia e ci ha fatto crescere come coro e come persone. Speriamo di avere ancora molte occasioni per ritrovarci e condividere concerti così belli! Annamaria Grazie a tutti per i 3 concerti meravigliosi! È stata una grande gioia partecipare. Grazie a Paolo per la sua immensa pazienza e le sue battute che rendono le prove indimenticabili… Karin Un immenso GRAZIE a voi tutti, per i caldi guanti di alpaca blu e per il profondo pensiero. Il risultato di un coro viene forgiato dall’amalgama sapiente delle voci e in questo Paolo è un campione. Lo spirito di un coro è dato dall’insieme dei contributi di ogni singolo corista e in questo voi siete tutti dei campioni! Lo abbiamo dimostrato ieri e in questi giorni. Grazie mille Fiorenzo Carissimi tutti, vorrei esprimere la mia felicità per la magnifica riuscita dei tre concerti! Uno più bello dell’altro! Grazie a tutti coloro che si sono impegnati per l’organizzazione dei suoni, della logistica, del sontuoso rinfresco… e chi ha preparato la sala. Grazie, grazie, grazie! Paolo |
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10 DICEMBRE: COMO
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Un edificio sacro dalla pianta intrigante, spazi estesi soprattutto in altezza, tesori d’arte romanica conservati qua e là: la basilica di san Fedele trasuda di storia dell’arte ed è facile leggere i vari stili che si sono succeduti. Tuttavia, appena entrato mi sembra troppo grande e dispersiva per un concerto. Pur nel freddo delle stanze degli edifici che affiancano la basilica, i momenti che precedono il concerto sono pieni di gaiezza: la tensione di due giorni fa a Mendrisio è solo un ricordo, ed è bello vedere il tenore Alejandro che si mette in fondo alla scala prima dell’entrata in chiesa per salutarci sorridente ed incoraggiarci uno ad uno. Ci posizioniamo sul presbiterio, voltando la schiena all’altare che conserva in una teca vetrata le preziose ossa del patrono, davanti noi tanta gente e tanta entra ancora in chiesa. Purtroppo le pedane sono rimaste intrappolate nel traffico della città lariana, così come noi conducenti elvetici, poco avvezzi al traffico convulso e alla ricerca dei parcheggi. Sta di fatto che noi uomini non abbiamo la sopraelevazione. C’è chi arrangia alla bell’e meglio grazie a qualche predella improvvista trovata qua e là, e chi invece passerà il tempo del concerto ad ondeggiare per trovare un pertugio tra le teste femminili, così da riuscire a vedere gli attacchi del maestro Paolo. Per fortuna i suoi gesti sono stati ampi e poderosi. Ad ascoltarci ci saranno almeno 400, forse 500 persone, molta gente in piedi nelle navate laterali, altra che varca la soglia e si infila in ogni pertugio. Così piena la chiesa non sembra neppure troppo grande. All’inizio il parroco don Pietro legge un testo della Bibbia e poi recitiamo assieme il Padre Nostro. Il nostro concerto, che poi è una Messa, non avrebbe potuto trovare migliore incipit. Passa poi la parola a Michele, presidente del Coro Città di Como, che ricorda il maestro Moretti, loro direttore per lunghi anni, immaginandolo negli altopiani andini del Paradiso intendo a colloquiare con Ariel Ramirez e a fare qualche battuta di spirito. E poi via, con le spalle più leggere perché ormai è la terza volta e non dovrebbero esserci brutte sorprese. E così è stato. Difficile dire se abbiamo cantato bene o male, bisognerebbe essere dalla parte del pubblico per saperlo. Posso solo dire che ha avuto tanta allegria nel cantare e poca paura di sbagliare, anche se un paio di attacchi li ho presi male, ma in fondo eravamo così tanti che forse non si è sentito, e poi c’era lì accanto l’angelo custode Claudio che ha subito fatto i segni del caso, così che la mia voce si è affievolita e anche credo persa in mezzo alle molte voci che riempivano cupola, absidi e navata. Alla fine il parroco ha utilizzato una parola che sintetizza come meglio non si potrebbe il nostro concerto e tutta l’esperienza di quest’anno della Misa Criolla: GIOIA. La gioia del Natale, memoria di Gesù che si è fatto uomo per noi. Ma anche la gioia che abbiamo provato noi tutti coristi e musicisti nell’interpretare i brani composti da Ramirez. Infine, credo proprio che siamo stati capaci di trasmettere questa gioia al pubblico, che in tutte e tre le serate non voleva andar via al termine del concerto, quasi a voler respirare ancora un po’ il clima di festa che si era creato. La festa è proseguita per noi nell’antica dimora di una corista comasca, nel cuore della città vecchia, dove abbiamo potuto fraternizzare, mangiare, bere e godere ancora assieme altri momenti di serenità. Maurizio |
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LA MESSA DI NATALE
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Qualcuno si ricorda della trasmissione televisiva “Riuniti per Natale”? Era tanti anni fa l’occasione per avvicinare i parenti sparsi nel mondo e raccoglierli in occasione di questa ricorrenza. Beh, per noi del coro la messa di Natale è un po’ l’opportunità di ritrovare gli ex coristi che se ne sono andati qua e là e che rientrano all’ovile, anche perché conoscono bene i canti e perché si tratta di rimpolpare le fila del coro, dato che molti sono già in vacanza o hanno altri impegni di famiglia. Per cui eravamo un discreto numero di cantori, anche se per la prima volta dopo vent’anni alla messa di Natale mancava il maestro Paolo! Per fortuna che ci ha tirati su tutto sommato bene e per fortuna che tra di noi c’è chi conosce la musica e così sotto la direzione dell’ottimo Claudio e con l’altrettanto ottimo Frenzi all’organo, ce la siamo cavata egregiamente anche stavolta. Non c’è stata la veglia e forse, considerando l’assenza di Paolo, ci è andata bene anche sotto questo punto di vista. Ma la veglia di Natale (forse non è corretto chiamarla veglia, si può però definirla momento di riflessione) è sempre stata una circostanza importante per marcare la Notte santa. Nei prossimi anni bisognerà pensare bene se vogliamo riproporre alla gente questo momento. |
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