CRONACHE
ANNO 2019
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L'ANNO 2019   (clicca qui per scaricare la cronaca in formato PDF)   

Cronache del 95° anno di vita

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INDICE
Concerto del Coro delle Acli ⇒ Ordinazione diaconale di Stefano Bisogni ⇒ La nona di Beethoven ⇒
Il matrimonio di Valentina e Roberto ⇒ Le feste di Redde ⇒ La messa alla Casa di riposo San Giuseppe ⇒
La Misa Criolla ⇒ Le messe di Natale ⇒
È stata una prima parte dell’anno civile piuttosto in sordina, dove le cronache raccontano tre concerti eseguiti assieme ad altri cori, e una seconda parte culminata con l’esecuzione della Misa Criolla, in un crescendo di gioia e di pienezza musicale. Le immagini (nella versione in formato PDF) che accompagnano le cronache di quest’anno sono quelle del matrimonio di Valentina e della Misa Criolla.
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30 MAGGIO E 13 GIUGNO: CONCERTO DEL CORO DELLE ACLI   (torna su  ⇑)  

Ai nostri coristi è stato chiesto da Paolo se qualcuno poteva supportare il Coro delle Acli (diretto da Lucia “Mimì” Sala), durante i loro concerti annuali. Con piacere alcuni di noi hanno accettato l’invito e partecipato quindi ad alcune prove prima dei concerti. Siamo stati accolti veramente a braccia aperte e molto calorosamente da tutti! I canti, principalmente di De Marzi, li conoscevamo già, quindi per noi non è stato un grande sacrificio, anzi abbiamo rafforzato le nostre conoscente e abbiam potuto cantare senza spartito.

I concerti si sono svolti in un posto stupendo (piazza san Carlo a Lugano), bellissima l’acustica e molto “intimo” in quanto, pur essendo all’esterno, ci sentivamo tutti, non era dispersivo e il pubblico ci ascoltava con piacere: ci sentiva vicini come quando si canta in una chiesa. Malgrado le prove non fossero state così soddisfacenti, i due concerti sono andati bene, il “poco” pubblico è stato molto soddisfatto e ci ha applauditi molto calorosamente.

Visto il luogo appropriato dovremmo pensare anche noi di fare un concerto in piazza san Carlo, magari unitamente al Coro delle Acli…

Daniela e Carmen
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1.GIUGNO: ORDINAZIONE DIACONALE DI STEFANO BISOGNI   (torna su  ⇑)  

Sabato 1.giugno, dopo una serie interminabile di prove, ci siamo finalmente ritrovati in cattedrale per l’ordinazione diaconale di Stefano Bisogni. È stato un momento particolarmente emozionante considerando soprattutto la sacralità della circostanza. Per l’occasione ci siamo uniti al coro di Breganzona e malgrado la moltitudine di pezzi da imparare siamo riusciti a condecorare dignitosamente la santa messa. La logistica non era delle migliori. Paolo era “piazzato” in un angolo poco visibile. A completare l’opera c’erano un organo e una tromba che non collimavano tra loro. Qui e là ci sono sicuramente state parecchie incertezze. L’emozione dei quattro attori principali e dei loro famigliari è riuscita a soprassedere ai nostri errori. Qualcuno tra i fedeli presenti mi ha detto che siamo stati molto bravi. Forse ogni tanto siamo troppo esigenti con noi stessi.

Nota conclusiva: visto l’impegno profuso per l’ordinazione diaconale c’è da chiedersi cosa dobbiamo aspettarci il giorno in cui Stefano verrà definitivamente consacrato sacerdote!!!! Si accontenterà/ricorderà di noi o giunto a questo livello ecclesiale chiederà l’intervento del coro della Cappella Sistina?

Auguri Stefano per questa importante missione che hai deciso di intraprendere.

Francesca
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9 GIUGNO: LA NONA DI BEETHOVEN   (torna su  ⇑)  

(articolo pubblicato sulla Rivista di Lugano del 21.06.2019. Clicca qui per collegarti alla Rivista)

Le prove

Abbiamo lavorato sei mesi per preparare questo brano che ci ha impegnati per una decina di minuti: la Nona di Beethoven non si improvvisa così, sui due piedi. Ci vuole un lavoro minuzioso, costante, soprattutto per noi, dilettanti allo sbaraglio. Ognuno dei 13 cori ticinesi che si è lanciato nell’impresa ha dedicato parte della propria attività annuale a questa avventura. E per fortuna c’è youtube, così che molti hanno potuto studiare a casa la propria parte, provando centinaia di volte quelle note così alte e così vicine una all’altra. Con l’avvicinarsi del momento fatidico la Nona era diventata quasi un’ossessione: gironzolava di continuo per la testa, te la trovavi dentro al mattino, appena alzato e accompagnava molti momenti della tua giornata. Un vero “Ohrwurm” (tormentone per le orecchie).

Ce l’avremmo fatta? Penso che il primo a porsi questa domanda è stato il buon maestro Markus Poschner quando ha diretto la prima volta l’enorme coro dei 200 all’auditorio della RSI di Besso. Un mese prima del concerto le voci uscivano deboli, la dizione non era sufficientemente chiara, gli sguardi erano troppo impegnati a leggere le note: “Non guardate la partitura, voglio vedere le vostre facce!”. L’unica certezza dopo quella prova è stata che bisognava studiare ancora. E molto.

Poi ci siamo trovati una sera di giugno al LAC per la prova generale assieme all’OSI, l’Orchestra della Svizzera italiana. Una sala da concerto vera, e non l’aula magna di qualche scuola, un’orchestra di 60 elementi, un maestro con la bacchetta… una sensazione nuova per molti di noi. Abbiamo così cominciato a provare il quarto movimento della Nona con le gambe tremanti e una gran paura di sbagliare. I primi a entrare in gioco siamo stati noi bassi, rispondendo al solista che grida “Freude” (gioia). Subito dopo ho sentito la gomitata dell’amico Claudio, compagno di tante cantate, segnale che solitamente indica che qualcosa non sta funzionando per il verso giusto. Invece, accennando un sorriso, mi ha mostrato l’avanbraccio coperto dalla “pelle di gallina”. Davvero eravamo entrati in una nuova dimensione: solitamente la nostra sezione è composta da 4 elementi, stavolta eravamo in 40! Piano piano le voci hanno cominciato a prendere forza e durante tutta la serata il maestro Poschner si è dimostrato molto benevolo e paziente, prodigandosi in sorrisi e in consigli. Comunicando in una babele di lingue (inglese, tedesco, italiano) ha cercato di stemperare la tensione chiedendoci “more sound” (dare più voce), “enjoy” (godersela), “viel fresh” (più fresco), per finire con un “you can dance if you want” (potete danzare se volete). Il messaggio era chiaro: dovevamo gustarci la gioia di cantare.

Il concerto

Domenica 9 giugno è il giorno fatidico. Il concerto comincia alle 21, arrivo al LAC alle 18 e c’è già colonna per i biglietti che alle 19 sono esauriti: è il primo concerto “sold out” della mia ventennale carriera. Questa volta non passo dalla cassa ma dall’entrata degli artisti; è bello, per una volta, sentirsi “dall’altra parte”. Prendo il mio posto sul palco e mi guardo in giro mentre l’orchestra si prepara. Tra i coristi l’eccitazione è al massimo: siamo tutti vestiti di nero ma l’orgoglio che traspare dai volti rivela un animo multicolore. Ancora una piccola prova, alla fine della quale il maestro ci dà la carica: “Voglio delle facce contente, it is your evening!” (è la vostra serata). Mentre il pubblico riempie la sala noi del coro rimaniamo in piedi una mezz’ora dietro alle quinte, nelle posizioni assegnate per l’entrata. A sorpresa arriva ancora il maestro che ci augura “Toi, toi, toi”, come a dire “in bocca al lupo” in tedesco. A me questo incoraggiamento fa venire in mente un’altra cosa, soprattutto in un momento dove l’agitazione mette la vescica a dura prova. Finalmente arriva anche il momento di entrare: lo sguardo abbraccia una muraglia umana di mille persone che applaudono convinte e sorridenti. Sembra una festa di famiglia: tra il pubblico c’è chi saluta con ampie bracciate e dai coristi arrivano timidi cenni di risposta.

Poi l’orchestra comincia a suonare. I primi tre movimenti della sinfonia sono suo appannaggio, noi rimaniamo diligentemente seduti con lo sguardo fisso sul maestro. A tratti pare un domatore che fa schioccare la frusta, quando con un gesto deciso indica l’entrata alle percussioni. Per altri versi uno che tira di scherma, quando lancia verso il basso la bacchetta invitando gli archi a suonare. Poi lo vedi immergersi nella musica, socchiudere gli occhi e muovere le mani come le onde che vanno dolcemente ad adagiarsi sulla spiaggia. Dal palco si vedono le facce degli spettatori catturati dalla musica, in particolare la prima fila della platea che quasi va a toccare gli orchestrali, evidenziando ancora una volta il magico legame tra pubblico e artisti che contraddistingue la serata.

Il quarto movimento è per noi: a un cenno convenuto ci alziamo tutti in piedi e il primo “Freude” ben riuscito ci dà la carica. Le nostre voci riempiono la sala e aggiungono potenza alla musica. Il maestro vuole grinta e felicità, lo vedi bucare il cielo con la bacchetta per invitarci a dare il massimo con la voce al momento di dire la parola “Gott” (Dio). Sembra indicare la volta celeste dove, come dice il testo di Schiller, “muss ein lieber Vater wohnen” (deve abitare un Padre affettuoso). Dietro al coro campeggia sullo schermo la scritta “Alle Menschen werden Brüder” (tutti gli uomini diventano fratelli) il momento è commovente, il pubblico è estasiato. Io invece, preso dalla foga, sbaglio a girare la pagine e perdo il posto.
Mi sento come Mr. Bean quando ha cantato la Nona (clicca qui per vedere la scena su Youtube).
Niente di grave, siamo in tanti e la mia mancanza non si sentirà, muovo la bocca senza fare uscire suoni e poi mi ricongiungo al gruppo.

L’esecuzione procede in crescendo, poco importa se qualche nota non esce per il verso giusto: la sensazione è quella di essere in Paradiso, circondati da suoni celestiali e con tutta la gente attorno che fa festa. Mi riportano sulla terra i battimani che sottolineano la fine del concerto: otto minuti di applausi con il pubblico entusiasta in piedi, maestro e solisti che entrano ed escono a ripetizione, orchestrali sorridenti e soddisfatti, noi del coro appagati e felici. Un vero Inno alla gioia.

Maurizio
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7 SETTEMBRE: IL MATRIMONIO DI VALENTINA E ROBERTO   (torna su  ⇑)  

1 In un coro di diversamente giovani come il nostro, è merce rara poter partecipare al matrimonio di una corista. Abbiamo assolto questo compito con molta gioia, partecipazione e dico anche affetto, e credo che anche gli sposi abbiano percepito la nostra vicinanza, non solo fisica (dato che eravamo posizionati a due passi dagli sposi). Abbiamo cantato nella nostra chiesa, per una corista quasi veterana (anche se anagraficamente giovane) che ha sposato un capriaschese. Praticamente abbiamo giocato in casa.

Una cerimonia molto partecipata, sia per la giovanile e comunicativa presenza del sacerdote, don Marco (toh, guarda un po’, anche lui capriaschese…) sia per il coinvolgimento di tutta l’assemblea. Valentina è entrata sulle note della marcia nunziale di Mendelsohn, suonata all’organo dal buon Claudio, che ha accompagnato altri brani della cerimonia. Già con il Gloria di Gounod abbiamo potuto dare un tono di festa alla celebrazione, e forse le possenti note, sentite così da vicino, risuonano ancora adesso nelle orecchie degli sposi. Poi c’è stato il dolcissimo Cantico delle creature di san Francesco ad accompagnare il rito del matrimonio, e subito dopo fiato alle trombe con il Santo di Gounod, e poi un altro momento meditativo ma di grande commozione quando Paolo ha cantato da solista il Panis Angelicus accompagnato da tutto il coro e da Valentina che non si è potuta trattenere dal cantare assieme a noi.

Nel finale ancora tre brani intensi e commoventi, cantati in chiesa e anche sul sagrato, dove le voci si sono un po’ disperse: l’Alleluja di Leonard Cohen, Look at the World, un pezzo per magnificare la bellezza del Creato, e What a wonderful world. Insomma: la musica come apoteosi di una bella festa, che per gli sposi è solo l’inizio di un cammino. Il nostro augurio è che possano percorrerlo con il canto sulle labbra anche nei momenti di difficoltà, stando fianco a fianco con pazienza come quando ci si trova su un palco stretto, e ascoltandosi a vicenda, come ogni buon coro che si rispetti.
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11 SETTEMBRE: LE FESTE DI REDDE   (torna su  ⇑)  

Per il 10.anniversario delle feste medievali di Redde siamo stati invitati ad animare il mercoledì tra i due sabati della manifestazione. Correva l’11 di settembre… il sabato precedente si erano recate a Redde, nei boschi di San Clemente, circa 4'000 persone. Un successo clamoroso. Sono stati serviti 2500 pasti in un clima di festa e di armonia che raramente si riscontra in eventi di massa. Forse l’entusiasmo per l’avvenimento atteso da due anni si è concentrato in quel sabato, perché al nostro concerto ai giardinetti di Tesserete, comunque ben pubblicizzato, abbiamo avuto un massimo di 20 e un minimo di 12 spettatori. Neanche i più stretti familiari… Eppure la serata era tiepida, il posto invitante, l’ambiente rilassato. Ma tant’è… comunque sia bisogna impegnarsi fino in fondo sia che gli spettatori siano 200, 20 o magari anche solo 2. E così abbiamo fatto. Un concerto imperniato sui canti della valigetta, con preminenza demarziana e chi è stato in grado ha anche cantato senza spartito.

Difficile sentirsi quando si canta all’aperto e per giunta con l’amplificazione, quindi non posso esprimere un giudizio sul nostro lavoro. Ma chi stava dall’altra parte ha detto che il concerto è stato piacevole. Siamo stati in montagna, con il Rifugio bianco e la Montanara. Abbiamo parlato di acqua e di fuoco, con la Contrà de l’acqua ciara e El fogo. Abbiamo pregato con l’Ave Maria e Maria lassù. Abbiamo colto i fiori con Dormono le rose e Cheste viole. Abbiamo raccontato la nostalgia con Al ciante il gial e Bènia calastoria. Abbiamo cantato la ninna nanna con Thula baba. Abbiamo portato un po’ di poesia in un ambiente che però era abbastanza dimesso. Dopo di noi si è esibito un gruppo irlandese dalla grande qualità musicale, con cornamuse e violini. Bravissimi anche loro, ma anche loro con pochi spettatori. Poco male: chi c’era se l’è goduta alla grande!
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8 DICEMBRE: LA MESSA ALLA CASA DI RIPOSO SAN GIUSEPPE   (torna su  ⇑)  

Nella cappella della Casa di Riposo San Giuseppe c’è una cantoria; non c’è posto migliore dove un coro possa ritrovarsi. Così è stato la mattina dell’8 dicembre - una domenica che era anche la festa dell’Immacolata Concezione - quando abbiamo usato le nostre voci per lodare Dio e la Madonna.

Stretti nella cantoria e guidati dalle capaci mani del Frenzi e del Claudio (l’uno che le muoveva nell’aria per dare tempo e colore, l’altro che le usava per accarezzare i tasti della pianola) abbiamo accompagnato con i canti la messa celebrata da don Fabio. Non ci era chiesto di fare un concerto, quanto piuttosto di eseguire dignitosamente le preghiere di lode a Dio. Sia che richiedano un sentimento delicato (l’Ave Maria di Arcadelt), sia che esigano dolcezza e trasporto (Il Cantico delle Creature), sia che descrivano la gioia e l’intensità (Madonna Nera e Maria Lassù).

È stata sufficiente una sola prova per aggiustare i canti, eravamo in tanti che quasi la cantoria non è riuscita a contenerci, e sono stati belli anche i momenti dopo la messa, dove abbiamo fatto compagnia agli anziani. In fondo non è costato molta fatica e abbiamo portato consolazione e anche un po’ di gioia. Cosa chiedere di meglio?

Don Fabio ci ha ringraziato per aver portato il paese dento alla Casa per anziani, che hanno bisogno di incontrare la gente per non sentirsi troppo soli. Io mi sono immaginato che fra qualche anno sarà il mio turno di essere dentro e aspettare la gente che arriva dal di fuori. Situazione ineluttabile, speriamo che non arrivi troppo presto…
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LA MISA CRIOLLA   (torna su  ⇑)  

Le prove

Per buona parte del nostro coro la Misa Criolla non è una novità. L’abbiamo infatti eseguita già quattro volte: nel 2011 a Chiasso e Tesserete e nel 2012 ancora a Tesserete, così come nel 2016, in una serata condivisa con il gruppo giovanile musicale capriaschese “Musicando”. In tutte queste occasioni eravamo accompagnati dal trio di tenori “Sembrar para Consechar” e dal gruppo di musicisti andini “Jatun Nan”. Per la quinta esecuzione della Misa si aggiungerà all’organico ormai consolidato anche l’Orchestra mandolinistica di Lugano.

Per le prove d’assieme di coro e orchestra ci ritroviamo al Centro eventi di Cadempino, nell’oratorio di Tesserete e anche nella prepositurale. Il suono degli strumenti a corda si sposa bene con le nostre voci, l’impasto è ad effetto. Siamo colpiti dall’entusiasmo di Nicola Bühler, maestro dell’orchestra, che è eccitato e felice di poter eseguire la Misa. La sua carica ci trascina, ci motiva e ci mette di buon umore.

2 dicembre: La prova d’assieme dei quattro gruppi musicali

Per la prima (e unica) prova di tutti e quattro i complessi musicali partiamo da Tesserete alle 19:00, in una cupa notte d’inizio dicembre. L’obiettivo è quello di raggiungere la sala Arcobaleno, in via T. Grossi 18 a Como, presso la casa Divina Provvidenza. Cinque buone donne veterane del Coro decidono di anticipare la partenza alle 18:30, magari può starci anche l’aperitivo nella città lariana. Arriveranno a destinazione alle 21:00, quando la prova è già cominciata da un pezzo, dopo aver girato la città in lungo e in largo, essersi perse a più riprese ed aver consumato quasi tutta la benzina. Sembra che la Daniela abbia affermato di voler imparare a usare il navigatore.

8 dicembre: Verscio

Se a Como sono state 5 donne a effettuare la trasferta sulla stessa autovettura, per raggiungere Verscio ci mettiamo assieme in 4 uomini, e per giunta tutti bassi. L’obiettivo però non è quello di bersi l’aperitivo, quanto piuttosto di ripetere ancora una volta la nostra parte, e così si fa tutto il viaggio cantando, e si arriva a Verscio puntuali, anche perché è risaputo che il senso d’orientamento maschile è migliore di quello delle femminile.

Il nostro uomo di contatto che è riuscito a organizzare questo concerto è il Giulio, che conosce la Mirella che da una ventina d’anni propone nella chiesa di San Fedele un concerto in tempo d’Avvento. L’anno scorso, per esempio, ci sono stati i corni delle alpi. Siamo accolti dalla Mirella e dal parroco delle Terre di Pedemonte don Sutor Ceslaw, che ci mostra gli splendidi e coloratissimi affreschi tardogotici del coro dell’antica chiesa e ci parla dell’emigrazione verso Livorno degli abitanti di questi paesi.

Troviamo una bella disposizione in una chiesa decisamente fredda: l’orchestra sta davanti alla balaustra, il coro nel presbiterio, solisti e gruppo musicale andino (che quest’anno si chiama “Sikuspacha” ma che sostanzialmente ha gli stessi musicisti di prima) in due cappelle laterali, l’una a sinistra l’altra a destra. Le due ore di preparazione servono ad aggiustare alcuni dettagli, a curare l’assieme e a raffreddare la voce. Già, perché sarebbe un’impresa titanica scaldare la voce in una chiesa che non raggiunge i 10 gradi. Il nostro Paolo non c’è ma ci pensa il buon maestro Nicola a tenere a bada l’eccitazione degli 80 esecutori. Alle cinque la chiesa è piena e il concerto va ad iniziare. Comincia l’Orchestra andolinistica con un delicato Panis Angelicus che a noi verrebbe voglia di accompagnare col canto. Poi arriva il pezzo forte, la “Misa Criolla”. I tenori solisti stupiscono per la potenza della voce e i musicisti per le sonorità e la versatilità degli strumenti. I nostri attacchi non sono tutti perfetti, qualcosa non ha funzionato nel “Credo”, meglio è andata con il Gloria, in particolare i piani e i forti. Alla fine il pubblico ci gratifica con un contenuto applauso, raggelando il nostro entusiasmo. Poi il concerto continua. I brani sudamericani suonati dall’orchestra andina portano ritmo, movimento, giù in fondo alla chiesa c’è una ragazzina che ondeggia a tempo. Brava l’orchestra mandolinistica nella Suite no. 6 di Hermann Ambrosius e bravo il maestro Nicola a presentare simpaticamente e sinteticamente i canti.

Il convinto applauso che accompagna i tenori al rientro per l’esecuzione della parte finale del concerto, i due brani della Navidad Nuestra, fa capire che qualcosa nel pubblico è cambiato e che cominciano a partecipare alla nostra festa: El Nascimiento e Los Reyes Magos scaldano finalmente (solo in senso metaforico) l’ambiente. Si sente una piccola ovazione quando i tre tenori propongono il loro bis e alcune voci cantano con noi l’Astro del Ciel. I discorsi finali ci dicono però tutta l’ammirazione per il nostro lavoro. Il parroco don Sutor si dice affascinato e coinvolto da questa musica di lode a Dio e Claudio Zaninetti, dell’Associazione Amici delle Tre Terre di Pedemonte, invita già sin d’ora il pubblico al Concerto del 2020, dicendo che sarà difficile raggiungere i livelli di quest’anno. Noi, soddisfatti di questa prima puntata del trittico, andiamo a scaldarci al rinfresco.

14 dicembre: Lugano

Siamo ospiti dell’Orchestra mandolinistica di Lugano nella chiesa evangelica di via Carlo Cattaneo. Arriviamo un paio d’ore prima dell’inizio e subito lavoriamo per mettere apposto le imprecisioni venute a galla nell’esecuzione di Verscio. Ormai l’ensemble degli 80 musicisti è amalgamato, ognuno ha trovato il suo posto e anche la sistemazione e la temperatura della sala giocano a nostro favore. L’orchestra è sempre davanti, il coro sta dietro su una scalinata che permette a tutti di vedere bene il maestro, solisti e gruppo andino giocano da ali. Paolo si mette un po’ defilato e ha un occhio su Nicola e l’altro sul coro, così da rafforzare la direzione del maestro dell’orchestra. A proposito di Nicola: ci ha detto che era la prima volta che dirigeva un coro eppure sembrava già un maestro navigato: è facile ed entusiasmante lavorare con lui, che ci gratifica sempre con molti complimenti.

A Verscio siamo stati l’unico complesso a non aver eseguito un brano “in solitaria” e così questa sera vogliamo anche noi raccogliere la sfida. Approfittando del pianoforte di marca “Steinway” in dotazione alla chiesa evangelica e dei talenti di pianista del nostro maestro, dopo il “Panis angelicus” dei mandolini eseguiamo il “Cantique de Jean Racine”. È un brano che personalmente amo molto, che richiede intensità e trasporto, è una preghiera che ben si adatta a questa chiesa. A detta di Paolo l’esecuzione non è stata delle migliori, anche perché lui era un po’ lontano dal coro e non riusciva a darci il tempo come avrebbe voluto.

Il programma ha poi la stessa sequenza di quello di Verscio anche se qui il pubblico sembra subito più coinvolto. A occhio e croce gli spettatori sono 200, lo stesso numero che nelle Terre di Pedemonte: quelli della platea sono comodamente seduti e ben vicini ai musicisti, quelli della balconata vedono solo la parte alta del nostro coro. Credo che per questo motivo siano scesi quando abbiamo cominciato i “bis”, così da piazzarsi in fondo alla sala e da potersi gustare il concerto non solo con le orecchie. Anche stavolta è stato un bel successo, la gente si è detta contenta, molti erano affascinati da questa musica e dalle sonorità andine che poco conoscevano.

È stata la sesta volta che abbiamo eseguito questa Misa, è andata certamente bene, ma per me è chiaro che per raggiungere questi livelli (cantare assieme a professionisti senza sfigurare), dobbiamo lavorare tantissimo. Buona parte del merito va come sempre al nostro maestro Paolo, alla sua tenacia e alla sua pazienza. Questa volta si è anche messo un po’ in disparte ed ha accettato che gli applausi e i complimenti siano andati soprattutto ad altri. Ma Paolo è per noi importante, anzi fondamentale, anche quando accetta umilmente questa situazione.

15 dicembre: Tesserete

È il nostro concerto, quello che il nostro affezionato pubblico si aspetta tutti gli anni, pregustando che offriremo loro qualcosa di speciale. E allora bisogna curare i dettagli. Per la propagando ci affidiamo a locandine e giornali. Per la sistemazione della chiesa utilizziamo il nostro palco componibile e chiediamo a Mario ed Elia di preparare le luci. Per il rinfresco ognuno di noi prepara qualcosa da offrire al pubblico, che si aspetta come al solito numeroso. I posti a sedere in chiesa sono circa 300 e aggiungiamo una cinquantina di sedie. Mentre sto collocandole si avvicina Nicola, maestro dei mandolinisti, che esclama: “Ueila, siamo ottimisti!”. Io gli rispondo che non vorremmo che la gente rimanesse in piedi, e in cuor mio spero davvero che sarà poi così, altrimenti che figuraccia! E così fu: tutti posti a sedere sono stati occupati e una cinquantina di persone sono rimaste in piedi in fondo alla chiesa.

Del programma ho già detto raccontando i due precedenti concerti e allora dico due cose dell’insieme, anche perché per la prima volta sto scrivendo queste righe riguardando (e riascoltando) il concerto su youtube (clicca qui per riascoltare uno stralcio del concerto),
grazie al prezioso lavoro dell’Orchestra mandolinistica di Lugano. E vedere una volta il nostro concerto dalla parte del pubblico, è qualcosa di veramente inconsueto.

La prima osservazione è sull’impatto visivo: eccellente. L’altare dove cantiamo è illuminato da luci che rendono ben riconoscibili al pubblico gli esecutori, dietro una luce di blu intenso avvolge il coro (inteso come elemento architettonico). Tutti i musicisti stanno compatti nel presbiterio e danno l’impressione di un gruppo unito, dove nero e rosso emergono nella parte centrale e i fianchi sono colorati dai costumi di solisti e gruppo andino, quali fossero le ali di un martin pescatore.

Sulla parte musicale dirò poco, perché come ben sapete sono molto ignorante in materia, basti però solo sapere che mi è venuta la pelle d’oca riascoltando l’esecuzione. Bravissimi i tre tenori (che potenza!), eccellente il gruppo andino (che colori!), ottima l’orchestra mandolinistica (che sonorità!), bravi noi (che energia!). Proprio questa è una parola che ho sentito e che mi ha fatto riflettere: “ho visto nel coro e in tutto il concerto molta energia”. Non capita sovente una simile osservazione nei nostri confronti. Energia ma anche piacere di cantare, soprattutto quando si può lavorare senza la partitura e lasciarsi guidare dai maestri e dalla musica. Voglio solo ricordare un momento che ancor oggi mi risuona nelle orecchie: l’acuto finale del tenore dopo le cupe ma profonde note che accompagnano l’Agnus Dei. Un’invocazione, quasi una supplica, a richiedere la pace (“Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”). Commovente.

Un’altra sensazione particolare l’ho provata nel coro (sempre inteso come elemento architettonico), quando mi sono seduto per tirare il fiato durante l’esecuzione del gruppo andino. Il fiato l’ha invece tirato il musicista del gruppo andino, facendo vibrare un flauto come fosse vento, tanto che l’àere sembrava entrasse in chiesa e andasse ad infilarsi in tutti gli anfratti. Un vento premonitore, quasi a voler annunciare l’arrivo di qualcuno. Se all’appuntamento si fosse presentato lo Spirito santo, non mi sarei sorpreso più di quel tanto.

È stato esaltante vedere, alla fine del concerto, tutto il pubblico in piedi, che poi si è riseduto e non accennava ad andarsene aspettando i bis. Tra questi ricordo con eccitazione l’esecuzione dei “Reyes Magos”, chiesta a gran voce da noi bassi e accompagnata dal battimani di tutta la gente. Momenti magici che danno sostanza al Natale, che non è magia ma Mistero che ogni anno si fa memoria (non è una frase mia, l’ho rubata a qualcuno ma la trovo troppo vera per non riproporla).

Concludo la cronaca con un’ultima considerazione. Nel programma distribuito ai concerti, il maestro Nicola Bühler scriveva, a proposito della Misa Criola: “Personalmente è un sogno che da parecchi anni ho nel cassetto ed ora, grazie alla fiducia dei miei musicisti e all’entusiasmo degli amici del Coro Santo Stefano, vede finalmente la luce”. Grazie, caro Nicola, per averci trascinato nel tuo sogno e per averci guidato con tanto affetto ed trasporto. La tua felicità alla fine di questa avventura ha dato a noi una grande letizia. Non temo smentite affermando che l’esecuzione della Misa Criolla di Tesserete, la settima della storia del nostro coro, è stata la più significativa.

Qualche riflessione a mo’ di bilancio

Voglio rivolgere a tutti voi il mio più caldo GRAZIE dopo la bella esperienza che abbiamo trascorso insieme. Dopo i primissimi passi insieme prima da voi, poi a Cadempino, è stato via via un crescendo di qualità, armonia ed amalgama, che ci ha portati su su fino all’ultimo emozionantissimo concerto a Tesserete. Grazie a tutti per la simpatia, la fiducia e l’impegno. Tutti noi/voi abbiamo dato il massimo e tutti tra il pubblico sono rimasti entusiasti del risultato finale. Ho sentito frasi come: “l’é ul püse bel cuncert che ho sentü”, “a mi fai vegni sü la pell d’oca” e molte altre… Inoltre lo scambio umano è stato bellissimo. Ho conosciuto tanta nuova bella gente!!
(Nicola)

Poter offrire questi momenti alla nostra gente ripaga noi e il nostro maestro Paolo di tutto il lavoro fatto durante l'anno. Davvero ho visto molte persone felici e coinvolte da quelle melodie così piene di carattere, di passione e di poesia. Così come eravamo felici noi di cantare, anche se inizialmente ci si fa prendere piuttosto dalla tensione e dalla paura di sbagliare, ma poi quando si comincia a prendere forza e sicurezza, sono davvero bei momenti. Bisogna anche dire che per una volta si poteva fare qualche errore qua e là, tanto eravamo "coperti" dalle potentissime voci dei tenori o dagli strumenti musicali andini.
Cantare il Gloria o l'Amen a pieni polmoni mi faceva sentire parte un potente coro angelico. E l'ultimo bis, quello dei Re Magi cantato con tutta la gente che accompagnava battendo le mani e ci guardava sorridendo, è stato davvero un momento toccante.
(Maurizio)

Ci preme innanzitutto ringraziare tutti coloro che in un modo o nell'altro hanno contribuito ad organizzare il nostro concerto di Natale, culminato con una prova emozionante. Oltre alla preparazione con l'infaticabile Paolo, oltre all'arricchimento dei 3 tenori e dei musicisti andini, riteniamo che i mandolini "ci hanno fatto bene" ed anche Nicola. Grazie però in fondo soprattutto a poter cantare insieme a voi, perché cantare insieme è una delle cose più belle.
(Erika e Renzo)

Possiamo solo usare una marea di aggettivi positivi per ricordare questa avventura: Unica, mitica, fantastica, forse irripetibile. Siamo stati tutti dei grandi e il pubblico di domenica pomeriggio l'ha ampiamente espresso. Il maestro Nicola sembrava uno navigato. Con il passare del tempo ci ha avuti tutti in mano e abbiamo fiduciosamente seguito la sua bacchetta magica che ci ha portati ad un successo straordinario. Grazie a tutti, ma non può finire qui...
(Francesca)

In questi giorni leggevo il commento al salmo 143 (i salmi… ricordate come ce li ha fatti vivere il Bepi?) del cardinale Martini. Un versetto di questo salmo suona così: “Mio Dio, ti canterò un canto nuovo, suonerò per te sull’arpa a dieci corde”. Nel suo commento il cardinale dice del mondo “che piange, che grida, che aspetta senza sapere che cosa deve aspettare e che, se canta, canta il malanimo, la disperazione, la frustrazione, il sarcasmo, l’irritazione. Ricordiamo che sono rarissimi i canti di gioia pura e libera e che il nostro canto gioioso, puro e libero, può purificare quello del mondo ed elevarlo a Dio quale incenso nel sacrificio della sera.” Non ho trovato migliori parole per descrivere la mia sensazione dopo aver cantato quest’anno la Misa Criolla.
(Maurizio)

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LE MESSE DI NATALE   (torna su  ⇑)  

Il nostro vastissimo repertorio comprende molti canti di Natale. Per i più vecchi come me (di anzianità nella corale, intendo) diventa semplice rinfrescarli in una prova. Penso invece che per i più giovani (sempre contando gli anni passati nel coro) sia un’impresa che richiede un certo impegno.

Iniziamo i canti della veglia alle 23:00, quando nei banchi della chiesa sono sedute sei persone (per fortuna siamo nel coro e non vediamo l’affluenza, deve esserci stato qualche problema di comunicazione sull’orario d’inizio della veglia). Ma bisogna cantare sempre bene, sia che la gente ad ascoltarci sia tanta, sia che sia poca. Claudio è all’organo, Paolo fa andare le mani, le sezioni sono ben rappresentate, mancano un po’ di bassi.

Al termine della Messa, che è già domani, diamo poco spazio agli auguri di rito e ci dirigiamo verso l’abete decorato in faccia all’Alpino. Qui ci mettiamo in cerchio e cantiamo (senza spartito) “Astro del ciel” e “Tu scendi dalle stelle”. Ah, come è rilassante cantare senza la partitura in mano, ascoltando e guardando gli altri, cercando di trovare con loro l’armonia!

Siamo pochini per la messa delle 10 del mattino. In particolare le donne si fanno sentire poco (parafrasando una celebre battuta paolina del terzo anno si potrebbe dire: “Donne, ci vuole una voce più forte, come quando sgridate i mariti!”, oppure “…come se vi stessero rubando il parcheggio” battuta che si trova sul libretto 9, quello di quest’anno). Claudio è sempre all’organo e Franzi dirige: il duo è ormai consolidato. Il canto finale è “Gli angeli nelle campagne”, dove noi bassi non entriamo quando si intona il primo “Gloria” ma qualche battuta dopo. Ho perciò tempo di guardare i tenori e nel vederli cantare così, con la bocca spalancata, mi è venuto in mente un dipinto di Giotto.

Tutto lascia pensare che i frati di questo dipinto della basilica di Assisi stessero anche loro cantando il “Gloria”: si trovavano infatti davanti al presepe vivente di Greccio, mentre san Francesco posava il Bambino Gesù nella mangiatoia. Ho associato questa immagine con la sensazione vissuta poche ore prima sotto l’alberello e ho immaginato un buon proposito per il 2020. Da qualche anno abbiamo la valigetta, ma ancora fatichiamo a far nostri quei brani e a cantarli spontaneamente. Propongo allora che alla fine di ogni prova ci si trovi in cerchio a cantare un canto della valigetta. Proibito lo spartito!

Maurizio

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